tag:blogger.com,1999:blog-72158486914677337262024-03-19T10:47:38.029+01:00Colonnello ChabertEnfin, ajouta-t-il en faisant un geste plein d'enfantillage, il vaut mieux avoir du luxe dans ses sentiments que sur ses habitsColonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.comBlogger14125tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-13706790346837471432013-01-27T19:48:00.005+01:002013-01-27T19:48:39.704+01:00Il TraslocoSpostarsi... Dopo più di 30 anni... Imballare oggetti che non sai quando ritirerai fuori. Quante volte hai guardato quella foto passando di lì? Quante volte sei rimasto con la faccia al sole su quella sedia? Ogni minima abitudine quotidiana si frantuma, ogni piccolo rito si scompone, ogni mappa mentale si scompiglia, e ti perdi nel caos...<br />
Pile di scatoloni contengono, a volte alla rinfusa, a volte con ordine, gli oggetti del tuo ieri...<br />
I libri che avevi con fatica organizzato, che trovavi al volo nella libreria, quelli in alto che non leggerai mai più, quelli in basso, che volevi sempre a mano, quelli al centro, l'orgoglio del tuo Sapere e, a volte, tuoi tesori preziosi, che fossero edizioni rare o pregiate, antiche o nuove, di lusso o economiche... I libri che ti hanno regalato, quelli che hai regalato tu dopo averli assaporati... Quelli che hai letto con lei, quelli che avresti voluto che lei leggesse... Quelli che si tramandano in famiglia, quelli che odorano di polvere stantìa o di inchiostro appena impresso... Libri...<br />
Metter via le cose senza sapere se e quando le ritirerai fuori... Foto... Ritrovare oggetti perduti... Ricordare, ricordare, ricordare...<br />
Organizzare gli scatoloni per importanza, urgenza, luogo, stanza, funzione, fragilità degli oggetti... Etichettare, catalogare, scrivere, numerare, dividere, decidere, imballare, caricare, trasportare, scaricare, ridividere, risistemare...<br />
I locali vuoti... un ultimo giro... sedersi per terra e ascoltare il silenzio... echi di Vita passata... brandelli di esistenza... c'è già un odore diverso nelle stanze... sei già oltre... sei già lontano... e cosi inchiodato li... fra pezzi di giornali, pluriball e nastri adesivi... sparso per terra con polvere e viti che cercherai... incorniciato nei bordi anneriti lasciati dai quadri... un bianco che sembra il Nulla...<br />
Come sono grandi le stanze di una casa vuota... come sembra impossibile, adesso, che non riuscissero a contenere tutta quella Vita... come sembra tutto assurdo... quanto spazio, quanto tempo...<br />
Chiudere quella porta per l'ultima volta... l'avresti mai detto?... "Andiamo..."<br />
<br />Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-48343439549306779982010-09-14T00:28:00.003+02:002010-09-14T00:34:54.302+02:00E fummo infin "Architetti" di noi stessi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgivJcbqqP8CbW51omK4r-w2OrNg1xG6G0C66DDZ8T9U12hdTO7TZGGfLdWlPdBw2_v_NLJ0FzXRITlDBu9UiCeHNK-ayzvulbm0tbsLVLBCH8usx2UfKwL6ywvE220mB_cGV92IeTTGUbv/s1600/PDI+27.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 303px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgivJcbqqP8CbW51omK4r-w2OrNg1xG6G0C66DDZ8T9U12hdTO7TZGGfLdWlPdBw2_v_NLJ0FzXRITlDBu9UiCeHNK-ayzvulbm0tbsLVLBCH8usx2UfKwL6ywvE220mB_cGV92IeTTGUbv/s320/PDI+27.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5516529528703246978" /></a><br />Caro, carissimo Ivo,<br />perdonami l’anonimato, sai che è solo per pudore.<br />Sono alcuni giorni che penso a questo tuo invito, ma con rabbia più che con “sconsideratezza, lieve e perdonabilissima”.<br />Già, leggi bene : con rabbia. La rabbia di chi, forse irrazionalmente, vorrebbe vederle, quelle legioni scatenarsi sul “detto e contraddetto”. Futuristicamente, se mi passi questo avverbio “celebrativo”, dato l’anno corrente. E’ questione propriamente “edilizia”, tema quanto mai in voga.<br />Essere Architetti di sé. E’ un’immagine bellissima, ma che non riesco a far mia e che forse non è di molti, oggi. Siamo tutti bellissimi edifici. Siamo tutti ben disegnati, ciascuno a suo modo. Ma dei materiali con cui fummo edificati o con cui ci siamo “ristrutturati”, cosa possiamo dire? E quali considerazioni fare della collocazione, cittadina o rurale? “Luoghi e tipologie seguiranno…”. Eppure proprio di Urbanisti si sente la necessità : la crescita appare caotica, la Città Globale appare sfuggire ad ogni tentativo di controllo razionale (o presunto tale…). Dei veri e propri boulevards di certezze filosofico-toponomastiche risultano sfociare in timide “rotonde relative” dalle segnaletiche incerte, tipo quelle tipiche nelle zone industriali, dove ad ogni imbocco, su pali sottili, si affastellano cartelli variamente colorati, caotici e causa di caoticità a loro volta. Solo al terzo o quarto giro capisci qual è la direzione corretta, ma intanto hai girato su te stesso ed hai inutilmente consumato, per la gioia dei mercanti, gommisti e benzinai.<br />Ma torniamo all’essere Architetto di sé. Di primo acchito mi verrebbe da chiederti che tipo di Architetto e cosa intendi per Architetto. Per come la vedo io ci sono Architetti che disegnano oggetti di varia utilità, altri che modificano edifici (indirizzando, ma spesso imponendo, come vivere il quotidiano) ed altri che creano spazi. I primi oggi li chiamiamo (e li confondiamo) spesso come “designer” e forse sono i più simpatici : prendono un tema (sedia, tavolo, portacenere, spazzolino del cesso che sia) e lo sviluppano a loro piacimento. Piace, non piace, non importa. Non te lo impongono. Si accontentano di proporti una loro visione di una frazione di realtà. Male che vada è una schifezza, pazienza. I secondi, i più, sono invece coloro cui ci si affida affinchè ci aiutino a comporre il puzzle delle nostre esistenze in un luogo veramente “nostro”, riconoscibile, sia esso casa, ufficio, negozio, quartiere. Di norma non ti ascoltano mai. In parte perché troppo distratti dalle incombenze burocratiche, aggiornamento delle norme, catasti, soprintendenze, etc. Ma perlopiù sono ebbri del potere di costringerti a seguire la loro visione delle cose e della vita. Il mobile che è previsto in angolo ben difficilmente lo potrai ricollocare lungo il muro, a meno di rivoluzionare, in senso astronomico, tutta la disposizione nella stanza. Le loro scelte arbitrarie portano a cambiare le tue naturali inclinazioni a muoverti ed organizzarti in quel certo modo spontaneo che ti è proprio. E così, anziché essere al servizio del tuo Essere, questi piccoli despoti dello spazio si “ritrovano” (quasi con sorpresa, hai mai notato?) a piegarti al loro narcisistico volere. Un esempio? Se sei appassionato di musica, non disporranno mai il salotto nel modo più consono all’ascolto. Se hai il problema del traboccamento dei libri, vorranno invariabilmente lasciare pareti sgombre per contornare quella serigrafia, s’intende un dono di nozze parentale, che fosse per te c’incarteresti il pesce. E il vetrocemento… Uuuuuhhh, che brividi percorrono le schiene degli Architetti quando pensano al vetrocemento (e qui bisognerebbe parlare dei materiali, ma capisco di essere sufficientemente tedioso). Degli uffici, basta ricordare della geniale invenzione degli open space suddivisi in minuscole celle monacali senza soffitto ove ciascuno dei nuovi schiavi (tanto questo oggi siamo, colletti blu o bianchi o arancioni o del colore che vuoi) si può sentire sufficientemente al riparo dai suoi pari livello ma “osservabile” dall’alto, dal dio, dal manager (stanno sempre “un piano più su”) o dal suo occhio a circuito chiuso. Perché il vero business è il controllo. Sempre. <br />A questo tipo di Architetto appartengono anche quelli che disegnano singoli edifici pubblici o privati e, a volte, piccole piazze, monumenti o fontane, parchi pubblici. Ma non stiamo parlando di opere da manuali di architettura, ma di quelle committenze talvolta seminascoste, tipo le cosiddette “riqualificazioni”. Insomma quelle di cose per cui, dopo, sempre dopo, ti chiedi cosa ha fatto di male quel luogo per essere massacrato così dal primo imbecille dotato di matita, pardon, di autocad.<br />Quello che al sanpietrino scuro sostituisce l’autoserrante (si chiama così?) grigio e rosso a lisca di pesce e pazienza se intorno ci sono palazzi sei-settecenteschi. Quello che ti piazza le luci blu nella pavimentazione della piazza perché anche l’ultimo degli alieni, da Andromeda, veda dove posarsi per contattare il locale responsabile della ASL in caso di disordini intestinali dovuti al salto nell’iperspazio. E d’accordo che ognuno a casa sua commissioni (o creda di farlo, come dicevo più su) certe idiozie, ma nelle cose fatte coi soldi di tutti, almeno lì, più buonsenso (che è il grande scomparso della nostra epoca, altro che “Chi l’ha visto”) e normale buongusto, non guasterebbero affatto.<br />Gli ultimi sono i Grandi. Potrei fare i nomi, ma li conosciamo (quasi) tutti. E qui non si sa mai dove il Genio sconfina nella follia… Comunque io non voglio ricordarmi il nome di chi ha disegnato (sì, “disegnato”. Progetta l’Ingegnere e costruisce il Muratore, anzi, meglio la Maestranza, che poi i muratori tirano fuori grembiuli, compassi, cazzuole, appunto!, e si fa confusione di ruoli. L’Architetto… architetta! Che poi in italiano non suona bene : “Cos’hai architettato stavolta?”. C’è già un che di diabolico nell’atto di “architettare”) una roba da voltastomaco come lo Zen. O come quello scatolone di cemento (le Vele?) a Napoli. O di quell’edificio incredibile che s’incontra in autostrada alla periferia di Trieste? Non sono nomi da ricordare, sennò faremmo il loro gioco. Perché per pensare cose del genere (chiamiamolo pensare…) : far vivere persone senza luce o aria, stipate, magari con pareti divisorie dove il peto dell’inquilino del quarto piano si confonde col cigolìo del letto della prostituta del sesto, non ci vuole cervello o anni di studi. No, ci vuole un Ego come la Torre di Babele. Una superbia, una tracotanza, un senso dell’altro pari forse a quello delle guardie dei campi di sterminio o dei gulag siberiani. Vuol dire possedere un’anima, anzi venderla su committenza, desiderosa solo e soltanto di lasciare scolpito il proprio nome. A torto o a ragione.<br />E poi gli aeroporti dove ti perdi, perché anche le cartine “voi siete qui”, disseminate così a casaccio che sembra fatto apposta, sono vittime di quel minimalismo grafico che nella sua essenzialità ti impedisce di catturare il necessario, cioè dove sei e dove devi andare. I musei, bellissimi se non ci fossero quei maledetti visitatori che pretendono anche di vederle, le opere d’arte. Accidenti, è chiaro, no? Il museo è l’opera da contemplare, lo spazio, il tempio cui conferire le anime degli artisti e dei loro ammiratori. Il “contenitore” è l’opera delle opere perché tutte le racchiude. E’ il ventre. E’ la Mater. Così come la Televisione (o Internet) è la Meraviglia (tecnologica). Chi se ne frega del contenuto, no? Il mezzo è il messaggio, e a c### tutto il resto, dixit Guccini.<br />E tu, oggi, Ivo, mi proponi di essere Architetto di me stesso? <br />Di disegnarmi da me medesimo? <br />Io vorrei invece che quelle legioni scatenassero veramente l’inferno e si potesse ricostruire da capo (perlomeno dal 1945 in poi, in termini di… edilizia. Per la metafora che sottende a tutto ciò, ognuno faccia la sua proposta). <br />Vorrei che invece si partisse proprio da quei “luoghi e tipologie”, perché ciò che sono lo so e ciò che ho intorno lo vedo. Ma non riconosco più dove sono, e, quel che è peggio, perché.<br />E questa “estraneità” la ritrovo negli occhi delle persone, vagando per le tristi scansie di Nannucci o per le sale della mostra di Morandi. Tutti così. Piatti. Svuotati. Alienati. Come i simil-omini che una volta venivano messi nei plastici degli Architetti, appunto. Quell’elemento marginale, a volte decorativo che viene definito “una nota di colore”.<br />30/03/2009Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-57717809567671536172010-08-26T02:59:00.005+02:002010-08-26T12:32:35.797+02:00La Solitudine<span style="font-size:130%;"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 213px; FLOAT: left; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5509523407129319922" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizYG7MklOHMHeBOINwqzILtZRNinKpnWnexP-SsbeekSFAIIgbekaCQ-UHtJnIfaWYSmfM-53KhV68mrlMHm1WFJz3Waa28shyphenhyphenYuy5yFlF4RqzDdogwNqXm3W2W4vpQqqbFtUw7W3zpzaI/s320/2010+-+120+copy.jpg" /><span style="font-family:Times New Roman;">Solitudine è camminare nella tua città e sentirla nemica</span></span> <div><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è buttar giù un po’ di pizza su un tavolo pieno degli scarti di chi ti ha preceduto. </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è l’odore appiccicoso di unto condito col ronzio fastidioso di un ventilatore </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la televisione inutilmente accesa in sottofondo </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la faccia ostile di chi siede poco più in là. </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è capire che il tuo volto torvo lo spaventa di più.</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è invidiare un cane accarezzato dal mendicante.</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è invidiare un mendicante che dorme col suo cane</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è dimenticarsi del sacchetto della spazzatura </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un lavello pieno di piatti sporco e maleodorante</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la solita scatola di tonno, il pane raffermo, il latte scaduto, il frigo vuoto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è stare al buio con gli occhi nel nulla perché la luce non serve a nessuno</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è scherzare coi minuti per riempirli di niente</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una canzone che nessuno ti dedica mai</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è il sapore dell'Assenza</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un pennello dimenticato e senza colori</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un vaso di fiori mai innaffiato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un acquario senza pesci</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un clown senza bambini</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un'aula d'estate</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è l'inverno delle anime</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sentire il rumore della tv del vicino</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un sacco di roba sporca che non verrà lavata</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non aprire al postino, anche se suona due volte</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la password al computer anche se vivi da solo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la vita di un altro che hai preso a nolo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la tua vita rubata da ignoti</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è pedinare una coppia che cammina abbracciata</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è stare a guardare ragazzi attorno ai motorini</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sentirsi come quel cassonetto stracolmo e scassato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è quel televisore vecchio abbandonato di lato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è comprare le sigarette dalla macchinetta anche se il tabaccaio è aperto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è accorgersi che chi ti incrocia rifugge i tuoi occhi e allunga il passo.</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è l'acqua stagnante di un fosso</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la vetrina vuota di un negozio fallito</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la foto del matrimonio di un altro</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un trasloco che non ti decidi a fare</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un libro comprato e mai aperto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è il peso quotidiano d'ogni tuo torto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è svuotare il portacenere ogni due ore</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è guardare un quadro e non vedere il colore</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è trovare caldo e accogliente il marmo dei gradini su cui ti sei seduto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è far da bersaglio a quel piccione maledetto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non sapersi perdonare niente</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sapere che non sarai mai veramente appagato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non capire se sei ancora vivo </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è tornare cento volte al giorno negli stessi posti per vedere se riconosci chi ci passa</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è offrirsi una sigaretta per sentire una voce dirti “grazie”</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non fare la spesa perché in fondo non ti piace più niente</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è accorgersi che anche i manichini stanno in coppia nelle vetrine</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una brioche e un caffè al tavolino più nascosto del bar</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non trovarsi mai senza detersivo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è fregarsene dei vetri sporchi e delle briciole sparse</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sapere dov’è ogni cosa di casa</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sapere che non sarai mai "a casa"</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è guardare allattare un bambino che non è il tuo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sentirsi più inutili di un termosifone in Agosto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è dannarsi a ricordare chi era quel tale</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è non sentirsi bene, non sentirsi male, non sentirsi e basta</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un telefono staccato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un sogno non raccontato</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un letto disfatto che tanto va bene lo stesso</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un letto disfatto come se si fosse fatto del sesso</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un solo tipo di bagnoschiuma nella doccia</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è pensare a quello che avresti fatto se non fossi stato solo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è ascoltare quelle quattro canzoni per un giorno intero</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una piccola lacrima per ogni ricordo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un pugno nel muro per ogni rimpianto</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sentirsi aquilone quando ti affacci al balcone, e vuoi cadere giù</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è leggere un giallo di cui sai già chi è il colpevole</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è chiedersi sempre il perché di ogni cosa</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è condannarsi sempre per ogni cosa</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è vivere in bilico fra le verità altrui e i propri inganni </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un rancore profondo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la vendetta del mondo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è trascinarsi senza meta tra mille marciapiedi</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è rileggere ogni giorno il libro dei propri errori</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una fontana di cui nessuno beve l'acqua</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è aprire la porta e voler subito andar via</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un ricordo sfocato del momento più bello</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una tomba impolverata e senza fiori</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è una prigione senza sbarre da cui non puoi fuggire</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un processo in cui sei giuria, imputato ed accusa, ma senza difesa</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un videogame senza vite di riserva</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un'opera imballata nel magazzino del museo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la polvere dell'anima</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è cancellare uno a uno i numeri in agenda</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è pensare di invecchiare senza nessuno a fianco</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è il rimbombare delle stesse domande di sempre</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è parlare con in gola un groppo costante</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un aeroporto da cui nessun aereo prende il volo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è fare la doccia senza mai cantare sotto l'acqua</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è pensare a tutti i posti che vedrai da solo</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è il fiato spezzato per una corsa non fatta</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è un silenzio infinito che non hai scelto tu</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è quel bacio mai dato che hai sulle labbra </span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è accorgersi che ogni cosa, in fondo, ti è indifferente</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è sapere di non poter più fare la differenza</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è il rimorso che rimane a farti compagnia</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è avere solo la curiosità di sapere come morirai</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;">Solitudine è la certezza che sarà così anche domani</span></p><p style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Times New Roman;font-size:130%;"></span> </p></div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-7670982891020311312010-08-25T00:42:00.011+02:002010-08-25T02:42:12.944+02:00CRAC. Il suono dell'Irreparabile.<img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 183px; FLOAT: left; HEIGHT: 268px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5509139270823334818" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF7lgnD_dds0DfAd8IvpV5rLS0VZ9NMeS6qudJoDaxVSwOj8FEFLLOoY-Tz3_GAn5TZbdV-NqjOOvRWfTGYTUZlZ3Q71BCnLKR4cFSb3EW4ptRoPSX6qw3thbj4AZXWTEXihwxA4LSmE4o/s320/rami.jpg" />Esiste sempre, nella vita delle persone, il momento di pagare i propri errori. Così come si pagano i debiti. E come questi ultimi si pagano con gli interessi.<br /><br />Se l'errore da pagare è volontario, beh, allora era un rischio calcolato e ci può stare, nel senso che chi lo ha commesso può rimproverare solo sè stesso. Ma se l'errore è involontario o casuale, allora il suo costo viene percepito più o meno come spopositato, poco o tanto che sia. Il peggio è quando si deve pagare per l'errore di altri, e allora il prezzo diventa intollerabile.<br /><br />In quelli che potremmo definire "Affari di Cuore", il prezzo degli errori, di solito, è incommensurabile : dolore, lacrime, talvolta sangue, notti insonni, crisi nervose...<br /><br />E, naturalmente, il peggio del peggio è dato dalla combinazione fra piccoli errori propri con enormi di altri. Allora il prezzo è, oltre che incommensurabile ed intollerabile, profondamente ingiusto. Le conseguenze sono spesso mesi, anni, di sofferenza, di "riabilitazione". Quando va bene.<br /><br />Curiosamente esiste anche una "musica" dell'Errore. Si tratta un assordante silenzio, più o meno lungo, che precede, e segue, un unico suono : un "CRAC !" come di un tronco spezzato. Non lo sente nessuno, non si avverte all'esterno. E' tutto dentro di noi, nella nostra mente, nel cuore, nello stomaco. CRAC. Il suono dell'Irreparabile.<br /><br />Negli attimi devastanti che seguono, si può quasi percepire il corpo che reagisce, o perlomeno tenta : la contrazione dello stomaco, immediata e bruciante; una sorta di mano invisibile che afferra salda il cuore in fibrillazione; le legioni di neuroni che rivoltano il cervello per trovare una via di scampo, come uno sciame impazzito. Pochi eterni secondi e poi torna la calma. Finta. Infatti, non sempre, ma quando l'errore è causa di una lacerazione definitiva, sembra che tutto inizi a tremare e l'assordante silenzio iniziale lascia il posto al cupo brontolìo di un terremoto, di una mandria impazzita.<br /><br />Una sequenza esattamente identica al crollo di un enorme edificio. Silenzio, esplosione, silenzio, rumore dei primi detriti, crollo, silenzio definitivo. Sudore, polvere, calcinacci.<br /><br /><br />"Se son d'umore nero allora scrivo<br />frugando dentro alle nostre miserie,<br />di solito ho da far cose più serie :<br />costruire su macerie o mantenermi vivo"Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-80713538283118273652010-04-09T17:43:00.005+02:002010-07-01T02:59:32.475+02:00La prima regola del gioco<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjURi9qr3MQ7el7CML5xRI7x-3IwutZGty0TwpaVyupZZdhrwAqdWkMf-QLfqqnJnRVzzSaMzCQhhed9S_Sk60y5MRCr2c93-Eba2JbWAzBtqQnIbpjjbSqMoxge7eGAsSp_unAp3DhudYt/s1600/Francobolli03.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 204px; FLOAT: left; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5488734365177757410" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjURi9qr3MQ7el7CML5xRI7x-3IwutZGty0TwpaVyupZZdhrwAqdWkMf-QLfqqnJnRVzzSaMzCQhhed9S_Sk60y5MRCr2c93-Eba2JbWAzBtqQnIbpjjbSqMoxge7eGAsSp_unAp3DhudYt/s320/Francobolli03.jpg" /></a>Di primo acchito è stato così irritante che mi sono pure incazzato. Mi è parso così irrispettoso che lì per lì avrei sciabolato tutti.<br />Eppure, dopo un pò, vedere adulti, giovani e bambini camminare a caso fra le croci del cimitero militare americano di Colleville sur Mer, ovvero Omaha Beach, quasi 10.000 croci e stelle di David candide "allineate e coperte", ed il vedere chiassose scolaresche "invadere" quella sabbia, quei viottoli, quelle dune, beh, mi ha commosso.<br /><br />Perchè è esattamente per questo che quei ragazzi vennero a morire in Normandia.<br /><br />E' esattamente lo spirito statunitense. Al suo meglio. Quei 10.000 ragazzi sepolti a 10.000 km da casa saranno felici che migliaia di piedi passino loro sopra, quasi resuscitati dall'allegria che branchi di ragazzini spandono nell'aria. Perchè è la migliore celebrazione possibile della Libertà per cui sono morti.<br /><br />A quei ragazzi che in tuta verde corsero giù dai mezzi da sbarco faranno certamente piacere le celebrazioni solenni, i Taps e le salve di fucile o di cannone degli anniversari. Ma sono certo che, ovunque siano ora, sorridano orgogliosi di aver dato la pelle affinchè i bambini possano correre nel prato dove sono sepolti e gli adolescenti si rincorrano su quelle spiagge dove sono stati massacrati.<br />Perchè quella confusione significa aver cambiato profondamente il rapporto con la Morte e con il Sacrificio, staccandoli, anzi "liberandoli" anch'essi dalla retorica, dal culto e dalla venerazione fini a sè stessi, e riportandoli ad una dimensione quotidiana.<br /><br />A nessuno di quei ragazzi importava un fico secco della terra in cui sono sepolti, non combattevano per possederla, anzi non vedevano l'ora di tornarsene oltre oceano a farsi gli affari loro. Quindi non si offenderanno se passate loro sopra, perchè tutti loro sapevano che rischiavano di morire proprio affinchè qualcun altro ci potesse passare sopra : era la prima regola del gioco. Il fatto che qualcuno, da allora, ci passi materialmente sopra è la conferma di aver vinto al di là del campo di battaglia, è la conferma di un principio : è come quando si disse a ciascuno "da oggi sei un cittadino", il che non significherebbe nulla in sè e per sè, sarebbe solo un nome, una qualifica, se non fosse per il fatto che essendo tutti ugualmente cittadini i diritti ed i doveri sono identici per ciascuno e nessuno è diverso di fronte alla Legge. Non ci sono servi della gleba o nobili o quel che ti pare a te. Non ci sono Untermenschen o Borghesi. Allo stesso modo, ad Omaha non ci sono neanche Morti e Vivi. C'è solo un'Umanità e la sua Storia.Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-45316736838899597452010-03-24T18:58:00.003+01:002010-03-28T18:44:20.396+02:00Il testamento del Capitano<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5OIzAmtFGjVuRrV3uINKVofvvLbbd3A5k5P_Jk96o8SZ4-zR5xHK340HzqpWtR7TWxcRm_BjtdQXcl0ghI9YNNEUtINS3jb9rHk6LwaElHKoLMP2RZy6_j2-P6IIsmTMaHp59lmSr3FxZ/s1600/PDI+32.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5452261679979560578" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 279px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5OIzAmtFGjVuRrV3uINKVofvvLbbd3A5k5P_Jk96o8SZ4-zR5xHK340HzqpWtR7TWxcRm_BjtdQXcl0ghI9YNNEUtINS3jb9rHk6LwaElHKoLMP2RZy6_j2-P6IIsmTMaHp59lmSr3FxZ/s320/PDI+32.jpg" border="0" /></a><br /><div>Carissimi, non dovessi rientrare dalla prossima missione, mi piacerebbe che queste miei “ultimi desideri” venissero rispettati, per quanto possibile e senza troppe illusioni.<br /><br />Intanto prego voi e tutti gli amici di non parlare a nessuno, di nessuno, con nessuno, per nessuno, se non inter vos.<br /><br />Vorrei che i politici tacessero, tutti. E quelli che per dovere istituzionale devono parlare alla Nazione, beh, vorrei che dicessero solo cose che abbiano un senso. Ad esempio è inutile stare a discutere mille volte sulla missione. Siamo soldati, la morte fa parte dei rischi del mestiere, se non si vogliono rischiare morti allora è inutile mandarci in giro, ma è anche inutile starnazzare sull’Umanità meravigliosa prossima ventura e pretendere di essere ascoltati. Del resto mica siamo armati a maccheroni, chiedetelo a quelli dall’altra parte. E chiedetegli perché non combattono sul serio : perché, per loro, siamo troppo forti, troppo addestrati, troppo attrezzati. Possono solo sperare di fiaccare, più che noi, voi a casa, con “piccoli” attacchi sfibranti. E non esiste difesa, blindatura o spessore di muro che non possa essere fatto saltare.<br /><br />Prego anche i miei commilitoni di ogni ordine e grado di evitare scene penose di fronte alle telecamere. L’unica cosa che vorrei vedere è una grintosa voglia di fargliela pagare. Vorrei vedere affilare i pugnali e marciare cantando. Vorrei vedere fierezza, non mestizia. E gioia, perché morire per la Patria è meglio di morire un sabato notte per colpa di qualche tossico (almeno quelli dall’altra parte un motivo migliore del nulla o dello sballo ce l’hanno), e non parliamo degli incidenti nei cantieri o di crepare con tubicini dappertutto su un lettino d’ospedale. Non se ne parla proprio, non c’è paragone. Se leggerete queste righe sappiate che, se deve accadere, meglio così : con un’arma in mano e attorniato dai miei fratelli, piuttosto che solo e in mano altrui.<br /><br />Desidererei anche che si evitassero le sparate retoriche tipo “sono tutti eroi”. Gli Eroi sono quelli che vanno all’assalto delle trincee nemiche armati di stampella, sono quelli che guidano gli uomini all’assalto senza le mani (come durante la ritirata di Russia), che resistono senza cibo e acqua e con armi inadeguate o fatte al momento (come in Africa). Ed anche in caso di un episodio tattico “normale”, beh, insomma, non è che accada sempre di ritrovarsi a compiere atti eroici come quelli. C’è ben poco di eroico, per un soldato, nel saltare in aria per una IED o una mina. Ho sempre pensato che questa facilità nel dare la patente di eroe sia tutta da giornalista deamicisiano (e mi perdoni De Amicis…). Il fatto è che in una Nazione in cui lo sport più diffuso sembra sia scantonare il proprio dovere, in cui non è che abbondino esempi di abnegazione o di semplice rettitudine, in cui sembra sempre che paghi la furbizia o il piccolo egoismo, ed in cui gli esempi dati dalle persone che incarnano l’Autorità e le Istituzioni sono… quelli che sono, appare incredibile che ci siano ancora persone che accettano di crepare per dovere. E quindi eccoci trasformati tutti in Eroi, ma solo perché si è dimenticato che esistono mestieri (e quello delle armi lo è per definizione) fatti di significati, simboli e principi che travalicano retribuzione, successo, facile notorietà e cazzate varie così di moda.<br /><br />Pertanto si eviti di applaudire ai funerali. Capisco che il silenzio, in questa civiltà invasa dal brusìo e dal rumore continui e penetranti, terrorizzi. Ma si applaude agli spettacoli. Anche se oggi ci si sente vivi solo di fronte a uno spettacolo, e quindi si è spettacolarizzato tutto, anche i funerali. Ormai è divenuto normale applaudire, perché siamo tutti un pubblico, una platea (magari in attesa dei famosi 15 minuti di “gloria” mediatica). Ma al mio, no. Io non sono crepato per dare spettacolo, per regalare un’emozione, per dare occasione a politici e giornalisti e comparse di ruolo di sfoggiare le sfumature tristi della loro capacità di interpretazione. Non crepo certo per ricordare agli altri che sono vivi. Sparategli se ci provano, così sentiranno cosa si prova a pensarsi protagonisti del funeral-show. E non mi raccontate che sia un gesto liberatorio o che sia un omaggio. Capisco per la gente di spettacolo, che di applausi vive. Ma allora, se dovete proprio far caciara, fatemi sentire una bella salva di cannoni ! Più sobriamente, vorrei due silenzi : il vostro e quello fuori ordinanza.<br /><br />Certo, mi rendo conto che se fossi un “eroe” le cose sarebbero più semplici per voi. Perlomeno potreste, più facilmente, farvene una ragione, trovare una giustificazione… Se uno muore da eroe, allora qualche buona ragione c’era, allora si è sacrificato scientemente, non è stato invano, etc. etc. Beh, in realtà, è raro che sia così. Sarebbe mentirvi e mentire a sé stessi. Si muore e basta. Dove capita e quando capita. Si spera solo che sia rapido.<br />La dicitura corretta è “caduto in combattimento”. E direi che nella sua secchezza burocratica dice già tutto, non c’è nulla da aggiungere (anzi, nel caso, non mi dispiacerebbe fosse inciso sulla lapide). Ed è di questo sopratutto che dovrete essere fieri. Se poi ci sarà di più, meglio. Ma non accettate sconti, né titoli non dovuti : esiste una gerarchia anche nella schiera dei morti per la Patria ed io non voglio vergognarmi di fronte a chi mi ha preceduto per un nastrino immeritato.<br /><br />E’ tutto. A parte vi lascio le disposizioni per alcune cose pratiche, per alcuni oggetti personali e un pensiero per ciascuno di voi. Addio. </div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-11132470312067114102010-02-16T16:32:00.007+01:002010-03-24T19:14:02.999+01:00Starnazzamenti quotidiani<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl7N1EBAlmI2hSLi_VSbdfGM6wF71_UoYmybHdgdF3xUh6E_eadVE7yYfJkAKlCgTgceaSniaVm2hIAuRMyP2h0cDL4WcOvgWNWucho86KzKlbMUjCWTzDwYrnCoGllc2kd0wALKmggdIJ/s1600/PDI+33.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5452265156409258594" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 302px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl7N1EBAlmI2hSLi_VSbdfGM6wF71_UoYmybHdgdF3xUh6E_eadVE7yYfJkAKlCgTgceaSniaVm2hIAuRMyP2h0cDL4WcOvgWNWucho86KzKlbMUjCWTzDwYrnCoGllc2kd0wALKmggdIJ/s320/PDI+33.jpg" border="0" /></a><br /><div>Mah... Non ho più parole... Mi aggiro nei labirintici ed umidi meandri della cosiddetta informazione e non capisco più niente. Alla faccia di chi ritiene questa l'era dell'informazione. Non compio più neanche quel gesto "da cittadino" che è, anzi sarebbe, l'acquisto di uno o più quotidiani. I settimanali non li guardo nemmeno. Rimane qualche mensile o trimestrale da "approfondimenti tardivi", che resta un labile appiglio con quella che fu l'Informazione. Ormai sono convinto che siamo stati riportati al Medio Evo, allo stadio di servitù della gleba, e l'unico orizzonte possibile rimane quello a portata dei sensi. Oddio, invero anche le cronache locali sono ridotte al lumicino. Le notizie, quelle vere, locali, nazionali o internazionali, si sentono ormai solo per sentito dire, di sfuggita fra una chiacchera al bar e una passeggiata pomeridiana. Soverchiate da un rumore di fondo gracchiante e fastidioso. Non sarà un caso che nel tempo degli MP3 si riscoprano i vecchi vinili... Come se un vecchio appassionato di hi-fi non l'avesse mai detto prima, del resto : il cd ti consente di sentire "quantitativamente" meglio, senti più cose, più suoni, elimini quel ronzio di sottofondo, l'acoustic feedback, la seccatura della manutenzione dei piatti, delle testine (ah sì, i "pick-up"), le scuole dei vari tipi di "braccio" (a "S", dritto, tangenziale...) e di trazione (a cinghia, servoassistito al quarzo), della registrazione (si registrava il vinile su cassetta appena comprato, e si riascoltava la cassetta per non usurare il disco), ogni volta il cd suonava "nuovo" mentre il disco si riempiva di micro (e macro!!!) "righe" fino a far "saltare" la puntina (e si sapevano a memoria tutti i punti "critici", tanto che poi se si sentiva lo stesso disco, ma nuovo, se ne sentiva la mancanza) o, nel miglior caso, a distorcere un pò i suoni. Sì, certo un pò "freddino", così digitalmente sempre perfetto, intonso... E appunto "qualitativamente" anche il più sdozzo dei giradischi restituiva un calore ed una "familiarità" che il cd si sognava la notte. Insomma, un pò come mangiare il pane appena sfornato contro il riscaldare nel microonde quello impacchettato del supermercato.<br /><br />Ecco, l'informazione oggi è esattamente così : così fredda, distaccata e distante da doversi reinventare ogni giorno un'Apocalisse, una scusa per strillare, per farti sentire sull'orlo del baratro, anche, direi sopratutto, se si tratta del Beneamato Nulla.<br /><br />La Scienza ormai è trattata come una sorta di magia e i medici o gli scienziati in rigorosi camici asettici, vengono intervistati come sciamani, anzi, come sommi sacerdoti esegeti dell'altissima volontà degli Dei, pardon, della Natura. Manca solo che mettanno gli "ooooohhhh" di sottofondo ad ogni foto dello Hubble e poi siamo alla sit-com. Di Economia non si parla, tanto va tutto bene, no? Che sia ormai evidente che è cambiata la struttura stessa del produrre e che ciò comporti un totale stravolgimento della società così come si è strutturata negli ultimi due secoli e mezzo, non gliene frega un beato accidenti a nessuno. Tranne che dire che bisogna diventare tutti dei "programmatori", dei "creativi". Eh, sì, decine di milioni di creativi... E che ci potremo inventare dopo migliaia di inutili applicazioni per Iphone e parenti stretti? Facciamo tutti gli stilisti? Alè, tutti in fila all'ennesimo corso europeo di riqualificazione : addetto allo style management di punto vendita, ovvero, come si diceva prima del trionfo del vero homo novus, l'Idiota del Market(t)ing, il "vetrinista". Ma tanto anche lì è finita : i negozi li disegnano un paio di architetti "di tendenza", cioè che hanno introitato il DNA dell'Idiota di cui sopra, nel loro loft di Soho e poi si fanno i negozi tutti uguali, a Parigi come a Canicattì. Diventiamo tutti "sistemisti AS400"? Si può fare, ma poi quando esce l'AS500? E così, consci della fragilità del sistema post-industriale si sono inventati una deregulation del lavoro partita con i migliori propositi (di cui non a caso è lastricato l'Inferno) e sfociata nella vera ed unica occupazione che "tira" : elaborazione buste paga. La disciplina è così frammentata che uno dei lavori che tira di più è quello di colui che capisce (lo capisce, lo intuisce, perchè è impossibile saperlo con certezza) quanto pagare i servi della gleba che vivono di contratto a progettino, di collaborazioni fattive, di affiancamenti sfiancanti, di asservimenti coatti, di assunzioni (sì, per via rettale) temporanee, transitorie ed eventuali, insomma quelle decine di acronimi all'americana oggi così di moda e così a modo, educatamente sfornati da Idioti (di cui sopra) allo scopo di non farti sentire o capire in che razza di merdaio sei finito.<br /><br />Attenzione però, si stanno già accorgendo che così le famiglie stanno scoppiando, sia nel senso che i redditi sono insufficienti, sia nel senso che i figli sono sempre più abbandonati a loro stessi e diventano carne da macello per la strada. E ciò qualche scompiglio lo crea ancora. Ma non vi preoccupate : sono gli ultimi rantoli di un senso delle cose che sta scomparendo, quei preconcetti stantii come famiglia, educazione, cultura, senso dello Stato, senso di appartenenza, quella roba lì, dai, la cittadinanza, diritti, doveri... Vuoi mettere con la S. Discrezionalità? Eh, su, ancora un paio di spallate e ci siamo. Sono sempre più lontani i tempi in cui il pater familias lavorava e la dolce metà stava a casa ad accudire la prole e si riusciva a sopravvivere dignitosamente. Ma la colpa è nostra, dei bamboccioni (tanto lo siamo tutti, in un modo o nell'altro). E delle donne che hanno voluto a tutti i costi fare come gli uomini (e qui qualcosina di vero ci sarebbe). Non di èlites che hanno saputo attuare politiche urbanistiche tali per cui oggi ci vuole una vita per saldare un mutuo (e ci lamentavamo che i nostri padri lo avevano sul gozzo per "soli" quindici o vent'anni), non per l'utilizzo della Pubblica Distruzione (e dello Stato in generale) quale carta assorbente di disoccupati sfornati a getto continuo da corsi di laurea stupidamente aperti a tutti (il reddito non c'entra : bastava semplicemente un esamino di ammissione... Del resto se il "democratico" Umberto Eco lo ha imposto nella sua facoltà-creatura, un senso evidentemente c'è... Poi magari si potevano fare mutui statali per lo studio come in tutti i paesi normali, a tassi agevolatissimi... Oddio, troppa fantasia!!!) o diplomati a macchina sull'onda sessantottina (poche palle : il sei politico non ce lo siamo mica inventati di recente).<br /><br />Già, a proposito di tassi, mutui, finanza, che dire dell'incapacità dello Stato di imporre uno standard di servizio alle banche? Si sono accorti dopo secoli del furto rappresentato dalla commissione di massimo scoperto (sulle altre magagne tipo la "commissione di chiusura trimestrale" o la "commissione sul conto non affidato" - che è fantastica, perchè è una commissione che viene applicata a chi non chiede un fido, ovvero non fa tenere alla banca del capitale sostanzialmente in sofferenza, cioè fermo - si stanno ancora informando. Tanto loro c'hanno la Convenzione Privilegium), gliel'hanno fatta togliere e le banche se ne sono inventate di nuove. Ma perchè non imporre un "servizio minimo" per legge con range di prezzi stabilite dall'authority del caso? Mah, difficilissimo, finchè le banche tengono i partiti per le palle dei finanziamenti... E poi che authority? Quelle che non sanno neanche non dico sorvegliare le transazioni di Borsa, ma imporre alle società dei servizi (telefonici, su tutti gli altri) almeno di avere siti internet semplici e chiari (non dico i contratti trasparenti, non penso al nugolo di tariffe e di offerte che poi diventano tariffe-capestro, nooooo, più semplice : mi basterebbe con due clic sapere come aprire/disdire un contratto o passare di operatore in meno di sei mesi e dodici raccomandate A/R, e il costo reale dell'ambaradan).<br /><br />Ma ciò che dà più fastidio è che le norme e le contro-norme sembrano cambiare così velocemente che tu, onesto e solerte ex-cittadino, se ti capita di recarti in un ufficio pubblico sei intimidito e soverchiato dal fatto che di ogni minima cazzata si è montato un apparato di moduli e contro moduli proporzionalmente alla quantità di lavoro burocratico che i personal computer oggi consentono svolgere : si è infittito il tutto per trovare qualcosa da fare alle eccedenze umane assunte o in tempi in cui ancora si scriveva tutto a mano, anche le raccomandazioni, o che non potevano aspirare a fare le veline o che, al contrario, aspiravano benissimo : insomma quel 50% di personale pubblico che da sempre è in più e che, sempre causa le èlites gaudenti, del resto non si sapeva neanche dove mettere.<br /><br />Bene, la tecnologia, la globalizzazione, l'ignavia e il permissivismo, ben distribuiti, ci hanno portati trionfalmente fin qui : adesso diteci cosa fare di bello. Ed evitate gli starnazzamenti quotidiani di cui fate ormai l'unico strumento di discussione. Non avete molto tempo.</div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-27427326045141680832009-08-26T00:33:00.006+02:002009-08-26T00:53:22.161+02:00Magnitudo Solitudinis<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBtEQXpv8qntRvHVG5saloI47zmkWG0kbPXrk_e_TlO6EPR8-wlt5XOubozUPPCF2YzgA8QQYBXlmgfLT35R7bUn9Zq7TJnGQQpOWcxTHXiINbFSN8DRNM3HnbYNoIdCJ1JxJzxm49sl8f/s1600-h/Francobolli17.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5374037269812905266" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 286px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBtEQXpv8qntRvHVG5saloI47zmkWG0kbPXrk_e_TlO6EPR8-wlt5XOubozUPPCF2YzgA8QQYBXlmgfLT35R7bUn9Zq7TJnGQQpOWcxTHXiINbFSN8DRNM3HnbYNoIdCJ1JxJzxm49sl8f/s320/Francobolli17.jpg" border="0" /></a>Una capitale europea. Qualche giorno libero. Solo.<br />Immergersi nell’alternanza architettoniche di stili e periodi.<br />Fregi, stazioni, insegne, lampioni, ristoranti, musei, fontane, lastricati, restauri, giardini, negozi, gallerie, ponti, piazze, bar, statue, ristrutturazioni, scalinate, bus, parchi, affrontati così come si presentano.<br />La curiosità unico criterio. Senza orari o costrizioni che non siano dati dalle gambe o dallo stomaco.<br />Volti che si incrociano, profili che attendono il verde.<br />Mi piacerebbe fotografare migliaia di volti in ogni città, ma temo sempre di essere invadente. Ci vorrebbe uno zoom da mutuo…<br />Eppure sono infinite le espressioni dei passeggeri di una metropolitana : quante varianti della melanconia negli impiegati sugli strapuntini, mentre sembra sempre identica l’aria sperduta dei turisti appena arrivati, siano essi pragmatici anglosassoni un po’ goffi alla ricerca di un po’ di bohème, attrezzatissimi teutonici essenziali d’abito e traboccanti guide e mappe, rumorose comitive spagnole un po’ sbracate, coppie di sposi italiani dai set di valigie uguali per sentirsi un viaggio solo o per non dover litigare anche su quelle in caso vada male.<br />E non si può non vivere, una volta nella vita, il mescolarsi serale di coloro che rientrano e di coloro che escono, la coabitazione di mise da sera con stanchi portatori di zaini e valigette. A ogni stazione si rinnova il mistero di volti riflessi in finestrini che danno sul buio.<br />La concentrazione, lo stupore, il rapimento dei visitatori di un museo. La noia dei bambini, e il loro illuminarsi quando finalmente trovano qualcosa che li incuriosisce o, più semplicemente, con cui giocare. Adulti e bambini, tutti con la stessa voglia di toccare con mano. Tutti lì, a reprimere a stento la voglia di tuffarcisi dentro e non tornare più, dispersi in tavolozze immortali.<br />L’ansia, la rilassatezza, la fretta, l’allegria, delle persone a passeggio nelle strade più note o più affollate. Lo spettacolo di quelli che si aspettano nel punto stabilito, la faccia del “dove si sarà cacciato?”, ora simile ad un cane da punta, ora preoccupata, talvolta distratta, sempre nervosa. I maschi ai primi appuntamenti li riconosci non per l’età, un dettaglio indifferente, ma perchè sono vestiti come nei manifesti, sono lì da prima di te, ti guardano male ogni tanto e, quando passata un’interminabile frazione d’ora di prammatico ritardo lei arriva, tirano fuori le sigarette dopo averla baciata. E se ne vanno abbracciandola e guardandoti di sfuggita con aria sorniona, come se lei fosse il premio. Il premio della tacita gara per non aver acceso nessuna delle tre o quattro che invece tu gli hai fumato in faccia. Il premio per l’impresa dell’eroe, per il sacrificio, per la volontà. O forse cercano un pizzico di invidia sul tuo volto di uomo solo, mentre “guarda che pezzo di donna mi porto appresso io”. Chissà se qualche volta hanno pensato, “Ehi amico, spero che arrivi anche la tua”. No. Al massimo di solidarietà avranno pensato “Spero tu abbia un altro pacchetto”. I più ironici “Se domani leggo di un cadavere per intossicazione, so chi è”. I più caustici “Spero che arrivi la tua femmina, sennò sarai un altro che peserà sulla sanità pubblica”.<br />Le donne invece, se aspettano, aspettano solo le amiche. E se fumano, fumano e basta. Al massimo fingono di non trovare l’accendino per vedere se qualcuno se ne accorge e con ciò confermare a sé stesse che c’è sempre qualcuno che le guarda, anche se gli anni non son più venticinque. O proprio per quello.<br />Le sagome in controluce, sullo sfondo del riverbero di uno specchio d’acqua, ricordano attimi di pittura futurista, mentre le pose e le espressioni delle persone nei parchi vagheggiano impressionismi di altre latitudini. Il manierismo delle donne fasciate in coloratissime tuniche lunghe e leggere mi lascia un po’ interdetto e le scollature generose mi rammentano lontane stagioni neoclassiche. Gli abiti da ufficio, neri ed aderenti, dagli orli svolazzanti mi gettano nell’astrattismo dadaista e quelli di misto seta stampata a fiorellini evocano paraventi orientali e broccati alle pareti, inventando nella mia mente interni di bordelli fin-du-siecle alla Toulouse-Lautrec. Magliette colorate su minigonne ed hot pants suggeriscono serie di seni solarizzati degne di Warhol, mentre dall’altra parte della strada un jeans attillatissimo mi fa balenare nella mente il gesto rapidissimo e feroce di un Fontana spaziale.<br />Cercare di riconoscere i codici dietro gli abiti e i gesti. Curiosare tra gli accessori : quelli portati con cura, poche volte, e quelli ormai logori, agendine stropicciate, braccialetti incrinati, portafogli grinzosi, più o meno tutti all’origine di un gesto ripetuto a intervalli regolari, come una firma personale allo scorrere del tempo, alla noia del tragitto, al ritmo nelle cuffie.<br />Già… I lettori MP3… I pollici sembrano sirene ululanti di un’ambulanza del Pronto Soccorso Emozionale, nel loro spasmodico roteare e cliccare, alla ricerca del titolo o dell’autore adatto all’umore, al ricordo, al sogno, all’atmosfera, al sapore del momento.<br />Cosa darei per sapere cosa ascoltano, cosa pensano, cosa cercano, quei volti bellissimi nella loro sfavillante stanchezza, quegli occhi dalle sfumature verdi, azzurre, castane, grigie. Truccati, spenti, socchiusi… Occhi indifferenti, persi chissà dove, sognanti, freddi, velati di nostalgia… Occhi cattivi… Occhi supplicanti… Occhi innamorati, immobili nella contemplazione del volto che li accompagna. Occhi infantilmente spalancati di fronte a quel via vai di ordinaria bizzarria. Occhi distratti, occhi in fuga, occhi indispettiti, occhi divertiti dagli sms, occhi di figli in carrozzina e di orgogliosi genitori stremati. Occhi seminascosti da capelli mossi dal vento…<br />Centinaia di migliaia di occhi che guardano e forse non vedono, centinaia di migliaia di orecchie che ascoltano e forse non sentono la vita che palpita nelle mattonelle dissestate e traballanti fatte apposta per far inciampare i predestinati ad incontrarsi, nei bassorilievi incrostati ed erosi dal vento e dalla pioggia, anneriti dal traffico, umiliati dai piccioni. Il ritmo della città, di sera, è lo scorrere del fiume delle luci rosse e bianche dei serpenti di auto, la sua vis comica sta negli sguardi dei fotografi che guardano gli schermi LCD delle digitali tascabili. E allora, come non comprendere i vampiri di fronte a bellissimi colli scoperti dalle capigliature raccolte sulla nuca con una cannuccia di bambù?<br />Perdonatemi, non c’è nulla di più bello e sconvolgente di una donna che ti sorride. Questa città mi ha sorriso, ed io non capisco più niente.Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-31069118055316413632009-07-06T18:08:00.005+02:002009-07-06T18:40:15.501+02:00The coming insurrection<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXME5p02gx2-BLZquZmz-qLdSf332F-TFBH0slnU6FEfWpYAFJmb8DZz3xWmU3p7PoWDU5wbmPW9Li-dTxjCGqk96OmSx9kH_xZ0C31How80jw9icrD-GydbkxGEIQIAxypXKYPMGoffCz/s1600-h/PDI+27.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5355387700514195858" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 268px; CURSOR: hand; HEIGHT: 274px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXME5p02gx2-BLZquZmz-qLdSf332F-TFBH0slnU6FEfWpYAFJmb8DZz3xWmU3p7PoWDU5wbmPW9Li-dTxjCGqk96OmSx9kH_xZ0C31How80jw9icrD-GydbkxGEIQIAxypXKYPMGoffCz/s320/PDI+27.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><br /><blockquote><br /><p>Non stupisce dunque che sorgano movimenti di pensiero che, stretti tra il<br />fallimento del sistema liberista sancito dalla crisi economica mondiale, il<br />rifiuto ideologico del liberalismo imperante nel prendersi carico del futuro, le<br />evidenze del degrado ambientale planetario, elaborino la ribellione violenta<br />come unico mezzo per sfuggire a questa morsa stritolante. Non vi è, infatti, un<br />modo "liberale" per sottrarvisi.<br /></p></blockquote></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">Cerchiamo però di non fare troppo casino, dato che ce ne è già tanto : primo, "liberismo" e "liberalismo" non sono sinonimi. </div><div align="justify">Secondo : il "liberismo" prevede che lo Stato si faccia carico di quegli aspetti dei quali i singoli non possono farsi carico. </div><div align="justify">Terzo, la "crisi" è un fatto naturale per qualsiasi sistema : piantiamola di sognare un sistema in equilibrio costante, il motore immobile di Aristotele non va da nessuna parte! La validità tra un sistema e un altro è data dal fatto di sopravvivere alle crisi.<br />Quarto : la "liberalità" del modo di risolvere la crisi attuale sta nel fatto di non precludersi nessun modo di risolverla : anzi, è, paradossalmente, da "liberisti selvaggi" il considerare tra le alternative possibili anche azioni in contrasto con la Dichiarazione Universale dei<br />Diritti dell'Uomo. E' esattamente come sostenere che in seguito al fallimento LehmanBrothers gli apparati pubblici non avrebbero dovuto fare nulla perchè il sistema avrebbe trovato un suo equilibrio (il che è verissimo, bastava assumersi la responsabilità politica e sociale del bagno di sangue).<br />Quinto : i limiti evidenziati da questa crisi appartengono, in ultima analisi, a due filoni culturali, per me molto evidenti, convergenti : materialismo dei singoli, inteso come ricerca estrema di una<br />gratificazione/benessere esclusivamente di tipo materiale, ed economicismo della politica, ovvero l'incapacità della Politica di proporre paradigmi esistenziali basati su valori non materiali. I politici si sono "arresi" e si sono fatti dettare l'agenda politica dall'Economia : l'abolizione delle regole sui derivati fatta da Clinton nel '96-'98, che è una delle origini "tecniche" di questa crisi, è un caso esemplare : un'abdicazione al "liberista" dovere di controllo in cambio, o in virtù, di quale risultato futuro, che non fosse il mero profitto?<br />Attenzione anche a farne una questione di confessione : la dottrina della predestinazione non giustifica il profitto per il profitto. Il Profitto/Successo è sempre funzionale a qualcosa di altro da sè, ha una sorta di "funzione sociale", diremmo oggi.<br /><br />Quindi il problema non è se il "liberismo" sia giusto o sbagliato, ma se abbiamo gli strumenti culturali per usarlo al meglio.<br />In una nazione dominata dal paradigma fascio-corporativo pre-bellico e da quello catto-marxista post-bellico, in cui il soggetto politico unico e solo è il Partito/Chiesa (comunque esso sia composto o strutturato), ed in cui nessun limite di permanenza (al potere) viene indicato ai singoli, io dubito fortemente.<br /><br />Non il cambiare un sistema la cui ampia flessibilità consente di trovare sintesi eccellenti tra valori ed interessi, ma consentire quella circolazione delle èlite (do you remember Pareto?) che fa sì che si apportino correzioni alle inevitabili distorsioni che sono il portato dell'essere umano (che non è un homo oeconomicus perfetto, e anche se lo fosse agirebbe sempre in deficit informativo), questo è il nostro collo di bottiglia secolare.<br /><br />Quello che tu descrivi come "il rifiuto ideologico del liberalismo imperante nel prendersi carico del futuro, le evidenze del degrado ambientale planetario" altro non è invece che l'incapacità della èlite politica di recepire e correggere una distorsione industriale ed economica. La nuova linea green dell'amministrazione Obama va in quella direzione, se sia sufficente è oggetto di dibattito, non di rivoluzione. Oggetto di rivoluzione è risolvere la questione (a torto o a ragione). Invece per<br />poterla porre si presuppone sempre un certo tasso di "liberalità" del sistema. Ma in questo senso era "liberale" tanto Augusto quanto Lorenzo il Magnifico, Pietro il Grande quanto Cavour.<br /></div><div align="justify">Il "liberismo" invece non solo prevede che la si ponga, ma che si stabilisca se, quanto e come : investa tutti o alcuni, sia un onere da dividere tra collettività e singoli, abbia priorità rispetto allle altre istanze. C'è da fare una Rivoluzione contro un siffatto sistema? La vera Rivoluzione, nel<br />XXI° secolo, non è porre un'agenda, ma pretendere che il sistemi funzioni. </div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-76185805462410015842009-06-12T16:45:00.015+02:002009-06-14T02:50:35.006+02:00La sconfitta<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguHfqtGlScOPk0vbPQUPD_LJ23ux62YR9C0DSqfM-3PsentnTxmcGkLODdgXDFJ2WHEDS_yycilMQ7p6ahvftX4nokk-UJC4NvFZPxB2FcgMiN9oz5mGHHXgouErOHPcLFyqJgZQ7BQv0N/s1600-h/PDI+19.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5346974895460351490" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 211px; CURSOR: hand; HEIGHT: 254px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguHfqtGlScOPk0vbPQUPD_LJ23ux62YR9C0DSqfM-3PsentnTxmcGkLODdgXDFJ2WHEDS_yycilMQ7p6ahvftX4nokk-UJC4NvFZPxB2FcgMiN9oz5mGHHXgouErOHPcLFyqJgZQ7BQv0N/s320/PDI+19.jpg" border="0" /></a>Guardarsi attorno e d'un tratto capire che il domani era ieri.<br />Sentirsi il contrario di ciò che si cercava di essere.<br /><div>Un vuoto enorme, dentro ed intorno. Pesante come un macigno. </div><div>Un vuoto che schiaccia, immobilizza e, talvolta, percuote.<br />Ansia, angoscia, tremore in ogni parte del corpo...<br /><br />La sconfitta.<br /><br />Accorgersi di percorrere un sentiero secondario di campagna anzichè le strade larghe e centrali di una città conquistata. </div><div>La solitudine al posto delle ali di folla curiosa e a volte plaudente, per paura o per quel senso di liberazione che scaturisce nell'animo quando una grave faccenda si risolve, qualunque sia l'esito, un attimo prima della gioia o della rabbia.<br /></div><div></div><div></div><div>Nella mente, per mesi, riaffiorano episodi sconnessi della battaglia perduta. Ordini e omissioni, eroismi e viltà, slanci ed esitazioni, tutto si confonde nella mente come la visione del campo di battaglia nella Nebbia di Guerra. E tutto si amplifica e si rimpicciolisce. Solo il suono della battaglia rimane invariato. Un sottofondo costante, ormai assimilato dalle cellule della mente come un copione dopo migliaia e migliaia di prove e di repliche. Crepitii di moschetti, rombi cupi dei pezzi da 12 libbre, il fischio dei proietti nemici in arrivo, la percussione degli zoccoli, sbuffi, nitriti, le ruote dei carriaggi, grida, urla, imprecazioni, sibili e clangori di acciaio contro acciaio...<br /><br />Nessun'altra voce ti parla, nessun'altra ascolti...<br /><br />Accorgersi del proprio respiro inutilmente affannoso, poichè non c'è sforzo o terreno che ne giustifichi la difficoltà, solo al ricordo dell'acre fumo che ti avvolge in battaglia. Essere squassati da una tosse secca e falsa che graffia la gola e la lascia quasi sanguinante, appena sembra di percepire anche solo l'ombra dell'odore della polvere sputata dalle lunghe canne dei fucili, dalle canne brunite dei cannoni.<br />E gli occhi... Gonfi, rossi, fissi... Continuamente sfregati sulle maniche della giubba o incessantemente sciacquati ad ogni ruscello o fontana. Il persistente fastidio della luce, un'invisibile spada che sembra trafiggerti ad ogni battito di ciglia.<br />Guardare soltanto il terreno del prossimo passo... Nessuna distratta osservazione delle genti sulla via, come nelle marce. Nessuno sforzo di contemplazione dei paesaggi, come nelle albe di poco tempo prima. Anzi, meglio muoversi al tramonto e durante la notte. Lo sconfitto non ama esser visto dagli occhi altrui, mentre i suoi sono assai meglio disposti all'ombra.<br />Del resto è la Luna ad aver visto le nostre pene ed i nostri pianti.</div><div> </div><div></div><div></div><div></div><div>Al sole si può solo combattere e morire.</div><div> </div><div></div><div></div><div></div><div></div><div>Alla fine dello scontro, nell'oscurità, Vittoria e Sconfitta divengono medesima cosa, nei fiochi lamenti dei moribondi, nei gemiti supplichevoli dei feriti, nelle urla ancestrali degli amputati, degli sventrati, dei trafitti, dei colpiti, degli sciabolati... La Morte pare nulla, a confronto.</div><div>L'odore della carne bruciata, del sangue rappreso, degli stomaci divelti, della terra umida, scavata, rivoltata, squarciata. Una sorta di zuppa farcita di corpi esangui. Condita di arti strappati. Il cibo della Storia.</div><br /><div>Giorno dopo giorno, passo dopo passo, respiro dopo respiro... Ricomporre i pezzi dell'esistenza, riedificare un edificio di routine, di abitudini, di rituali, di gesti, di frasi... Squilli lontani di tromba, ordini, controllare le dotazioni, provare e riprovare i cambi di formazione, ingrassare il cuoiame, affilare le sciabole e le baionette, asciugare le polveri, grancasse e tamburi, lucidare gli ottoni, caricare i barili, preparare i cassoni, scherzare con le vivandiere, strigliare cavalli, requisire alloggi, montare i bivacchi e le tende, inciampare nei secchi e nelle bottiglie, studiare i volti dei rimpiazzi, abbracciare i camerati sopravvissuti, scrivere a casa, parata il sabato, messa la domenica. </div><div> </div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div>Attendere la prossima battaglia. </div><div> </div><div> </div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-42556953622482568212009-06-03T01:04:00.007+02:002009-06-03T02:56:59.232+02:00Camporella elettorale<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibtAYONVp5p6K99mPZHETKA4j5jNTLy6Hn3Z3In8P1efLlCNBs4EebG_a5e4aUruUtS03fk_hrP2H92QF0izMM_wxYvLo4sOxjfjbH925ZRa5RGtpa1ZnhgzkTvhCAfB-jZjuOcSSwVF2l/s1600-h/PDI+31.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5342890201872171170" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 234px; CURSOR: hand; HEIGHT: 262px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibtAYONVp5p6K99mPZHETKA4j5jNTLy6Hn3Z3In8P1efLlCNBs4EebG_a5e4aUruUtS03fk_hrP2H92QF0izMM_wxYvLo4sOxjfjbH925ZRa5RGtpa1ZnhgzkTvhCAfB-jZjuOcSSwVF2l/s320/PDI+31.jpg" border="0" /></a>Mi sono ripromesso di non parlare, qui, di politica.<br /><br />Eppure non riesco a contenere il bisogno di gridare, da questo sgabello elettronico nella piazza virtuale, il mio sdegno per ciò che sta succedendo.<br /><br />Una volta c'erano le "campagne elettorali". Il termine "campagna" aveva una chiara accezione militare. Si trattava di "battere" il terreno, ovvero le piazze, argomentando pubblicamente. Che si facesse tramite radio o televisione, cambiava poco. Si trattava sempre di convincere i "neutrali" a schierarsi con la propria fazione.<br /><br />La massa dell'elettorato stava all'interno di una sorta di campo di prigionia (la Storia) sulle cui torrette stavano i politici che accendevano i riflettori su una parte di questa massa per identificarla, segmentarla, comprenderla, forse, e cercare di spostarla dove voleva. Un pò lugubre, forse. Ma la massa era posta al centro del terreno, era "bersaglio", era l'oggetto della contesa a mezzo riflettori.<br /><br />Poi è arrivata la spettacolarizzazione, la personalizzazione, l'ideologia dell' "àpres moi, le diluge", la denigrazione sistematica, l'abbassamento abissale del livello del ceto politico, le invasioni di campo. Infine la superficialità come virtù "orizzontale" dei Barbari (grazie Baricco).<br />Conseguenza : la gossip-politik, il bucoserraturismo, il velinismo estetico, il moralismo (che è privo in sè di ogni morale e come tale è padre putativo di tutti i fanatismi) di ritorno, le sbandate ipocrite, le claques plaudenti degli studi televisivi.<br /><br />E queste claques che plaudono ai passaggi dialettici più significativi del proprio leader mi ricordano il pubblico (che applaudiva più per farsi vedere che per direttiva di regia) di un'antica trasmissione televisiva estiva "Giochi senza frontiere", disfida internazionale di giochi a squadre.<br /><br />Ecco la trasformazione : oggi non c'è più quel lugubre campo con le torrette, ma uno sfavillante e coloratissimo campo sportivo attrezzato per le più mirabolanti evoluzioni di "giocolieri dialettici". E la massa (che era al centro) ora si è comodamente seduta sulle gradinate per vedere lo spettacolo, peraltro inquadrata solo assieme al tabellone dei punteggi, giusto a ricordarcene l'esistenza. E lo spettacolo sono quelli che stavano sulle torrette, sono loro i giocolieri dialettici, quelli che furono i "politici".<br /><br />Ed ogni tanto si giocano il Jolly, con lo scoop del momento. Poi, a turno, si confrontano nel Fil Rouge...<br /><br />Mah, forse invece è sempre stato così. Forse l'idea che la massa fosse al centro delle (morbose?) attenzioni dei politici è solo un'impressione o un ricordo di gioventù, età in cui si scambiano spesso e volentieri gli entusiasmi per certezze...<br /><br />Rimane il fatto che dalle "campagne" siamo passati, con insensata leggiadria, alle "camporelle" elettorali. Con tanti saluti alle masse.<br /><br /><br /><br />Hans plays with Lotte, Lotte plays with Jane, Jane plays with Willi, Willi is happy again<br />Suki plays with Leo, Sacha plays with Britt, Adolf builts a bonfire, Enrico plays with it<br />-Whistling tunes we hid in the dunes by the seaside<br />-Whistling tunes we're kissing baboons in the jungle<br />It's a knockout<br />If looks could kill, they probably will<br />In games without frontiers-war without tears<br />Games without frontiers-war without tears<br />Jeux sans frontieresColonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-2383201237862856232009-05-26T00:12:00.008+02:002009-06-03T01:03:39.451+02:00Misoginia in sol minore - I° movimento<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbZ-TjsJl3dVaHDGKOBxurNyLuxJVw3nvdWqyYgWuGMeiqTOMv5h7C8uh9TnXRLPI1tcxj1f-M0OrmKMSp8ffIUoFC4fgZNAisV-3OJJn9gdl7IZeYLZbjLA_xhjva9kpG3c0zb0BfJ4uB/s1600-h/PDI+17.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5342867176316643570" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 205px; CURSOR: hand; HEIGHT: 247px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbZ-TjsJl3dVaHDGKOBxurNyLuxJVw3nvdWqyYgWuGMeiqTOMv5h7C8uh9TnXRLPI1tcxj1f-M0OrmKMSp8ffIUoFC4fgZNAisV-3OJJn9gdl7IZeYLZbjLA_xhjva9kpG3c0zb0BfJ4uB/s320/PDI+17.jpg" border="0" /></a>Come fai, sbagli.<br /><div></div><div> </div><div>Qualsiasi cosa si possa fare, dire o pensare, l'altra metà del cielo troverà qualcosa da ridire. L'insoddisfazione come condizione cronica, la critica come imperativo categorico. </div><br /><div>S'intende, lo fanno anche gli uomini. Gli uomini però quasi mai dimenticano di soppesare l'intreccio fra causalità e casualità, fra possibilità e momento.<br /></div><div> </div><div>Le donne no. La loro spietatezza critica è la misura di questo tempo. Un tempo-donna. Un'epoca querula e vanitosa dove le virtù virili sono messe a durissima prova, quando non discreditate, e la cosmogonia umana viene declinata quasi esclusivamente al femminile. </div><br /><div>Del resto basta guardarsi intorno ed è tutto uno sgomitare di figure femminili, o presunte tali, ansiose di dimostrare di essere come gli uomini, anzi meglio. </div><br /><div>Come se poi agli uomini fosse mai fregato niente (ai ministri di ogni religione, invece, assai di più). </div><br /><div>Per i maschi la competizione è fra loro, poichè il competere è fra uguali, per definizione. </div><div>La donna sarà anche "pari", ma non è "uguale". Al massimo "simile".</div><div>Ma anche se fosse "meglio", cosa accidente crede di aver vinto?</div><div></div><div> </div><div>E va bene, fuori, a cacciare nella neve, magari all'ottavo mese. </div><div>Io adesso sto in caverna per un pò. </div><div>"E vedi di prendere qualcosa di buono, accidenti!"<br /></div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-58477439856991699892009-05-19T18:47:00.006+02:002009-05-19T21:45:02.119+02:00Vorrei... Vorrei... Vorrei...<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9rQs0IONnzgs8RxN2JL7ohYtBWbsB6a5Y87SkwsKVSLd6Oyn8Xi-lobFgLtGlSjp1YWvltkDh8Gnkv9FGzqZPzP1j2-51ySYCSw9_FhGpFlCKD8-IR3m6O4ux0uQymFXPEo169Dvqr6-h/s1600-h/PDI+10.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5337578484518574354" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 196px; CURSOR: hand; HEIGHT: 207px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9rQs0IONnzgs8RxN2JL7ohYtBWbsB6a5Y87SkwsKVSLd6Oyn8Xi-lobFgLtGlSjp1YWvltkDh8Gnkv9FGzqZPzP1j2-51ySYCSw9_FhGpFlCKD8-IR3m6O4ux0uQymFXPEo169Dvqr6-h/s320/PDI+10.jpg" border="0" /></a>Vorrei una tastiera con i tasti pesati ma regolabili, magari di avorio riciclato da un sequestro (così non abbattiamo nè alberi nè elefanti)<br /><div></div><div>Vorrei che avesse tantissimi suoni e che al momento di pistolare fra i parametri mi leggesse nel pensiero e si regolasse da sola</div><div></div><div>Vorrei gli 88 tasti, ma il peso di una piuma, e per il peso di una pietruzza un'ottava in più per i suoni elettronici che non so come funziona il transpose</div><div></div><div>Vorrei un display grande, completo, luminoso ma discreto e poco appariscente</div><div></div><div>Vorrei lo chassis firmato Abarth per i locali dove non ci danno la birra gratis</div><div>Vorrei una workstation che faccia da stage, capace di arranger da sè per l'interfaccia col PCI ma che non sia un compromesso storicoVorrei l'harmonizer, il vocoder e l'expansion : al bus per il trasporto penso io</div><div>Vorrei un supporto da palco (che userò a casa) smontabile, estraibile, espandibile, solido, resistente ma leggero, possibilmente con tapis roulant così faccio un pò di fiato per i cori mentre suono, anzi sincronizzato con la grancassa del batterista</div><div>Vorrei i pedali, i mezzipedali, perfino i quarti di pedale e pure la frizione</div><div>Vorrei che al mattino quando l'accendo mi dicesse "Caro, è pronto il caffè" con quella sua voce sensuale, leggermente metallica, che sfuma come un Rhodes ma geme come un Moog. Naturalmente regolabile tramite Breath Control.</div><div>Vorrei che campionasse, ma in automatico</div><div>Vorrei che leggesse i cd e preparasse una serie di possibili cover direttamente separando le singole partiture di ogni singolo strumento sulle tracce del sequencer</div><div>Vorrei la certezza di un'interfaccia e non il sospetto di averlo intercooler</div><div>Vorrei delle manopole sensibili come un clitoride ma solide come i volanti dei portelli stagni dei sommergibili</div><div>Vorrei che gli sliders fossero elasticizzati</div><div>Vorrei che la batteria tampone non finisca mai</div><div>Vorrei che fosse immune alla polvere ed all'umiditàVorrei che il flight case fosse un pò meno flight e molto più case</div><div>Vorrei che quando facciamo della disco i tasti si illuminassero come la pedana dell'Studio 54</div><div>Vorrei che il general midi mettesse sull'attenti il vst ogni volta che do un comando di cambio patch, a right o left che sia, ecchepanpot !</div><div>Vorrei che, per una volta, il chitarrista non confondesse l'attacco dell'usb con la fermata del bus</div><div>Vorrei un sistema ottico per le wheels simile a quello per il direzionamento del cannone Vulcan degli elicotteristi sul mangusta</div><div>Vorrei naturalmente che costi non più di 400 euro</div><div></div><div>Vorrei... Vorrei... Vorrei... </div><br /><div>Vorrei saper suonare</div><div></div><div></div><div>26/09/2008</div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7215848691467733726.post-85737185698012925502009-05-18T23:20:00.001+02:002009-05-19T18:41:23.862+02:00Orizzonti<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk75dLWA6xTWDS3o3cm8yrYwu-1UjSOIEyoJM8H60WG6NJirMa4-_7xXc2Vu6FEAGJJP90gIDajtTZfD6jZj6b3d59BezV6c6jMLm8ROKfbzsoYgw86BQVUUF0LFrHz8sBEANTjO2SVRtT/s1600-h/PDI+11.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5337279097994477506" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 178px; CURSOR: hand; HEIGHT: 230px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk75dLWA6xTWDS3o3cm8yrYwu-1UjSOIEyoJM8H60WG6NJirMa4-_7xXc2Vu6FEAGJJP90gIDajtTZfD6jZj6b3d59BezV6c6jMLm8ROKfbzsoYgw86BQVUUF0LFrHz8sBEANTjO2SVRtT/s320/PDI+11.jpg" border="0" /></a>Tentare di guardare lontano. Almeno tentare. <div></div><div>Le siepi dei giardini di Recanati valgono la visione di un nuovo orizzonte?</div><div></div><div>Oh, certo, nel pensiero tutto si può fingere. Ma bombardati come siamo oggi da illusorie realtà, abbiamo forse bisogno di regalarci altre finzioni?</div><div></div><div>Affondando lentamente nel cemento e schiantati dal rumore di fondo di una civiltà allo sbando, non val forse la pena di cercarli quegli "interminati spazi", quei "sovrumani silenzi"?</div><div></div><div>Allora il naufragare diviene metafora di un viaggio senza fine, dove la mèta è l'orizzonte di domani. </div><div>Ulisse riparte per superare le Colonne d'Ercole. </div><div></div><div>Non prima d'aver acquistato, a rate tasso zero, s'intende, l'ultimo modello di telaio per Penelope.</div><div>Al ritorno troveremo Itaca trasmutata in Fabbrica, grazie ai sacrifici ad Efesto e Vulcano : una razionale, prometeica, divisione del lavoro in cui gli uomini curano le greggi ed ottengono materia prima, mentre le donne producono incessantemente tele e tappeti su telai ben allineati in nuovi edifici. I vecchi si occupano dei bambini, mentre gli adolescenti si occupano dei trasporti.</div><div></div><div>Penelope è intenta a verificare che il meccanismo non s'inceppi : a colazione, distesa sul letto che Ulisse, quasi un protodesigner, realizzò con un tronco d'ulivo, controlla gli ordinativi; segue verifica delle scorte di magazzino; un piccione viaggiatore le porterà le tavolette di cera con i rendiconti appena in tempo per il pranzo. Al pomeriggio discuterà con gli armatori il prezzo del noleggio delle navi e ascolterà le delegazioni dei sudditi, di solito petizioni per migliorare la qualità dei servizi di welfare. Poco prima di cena un pò di body massage o una scaricante seduta di esercizi col personal trainer. Cena con gli intendenti, pardon, i manager dei vari settori, per motivarli meglio...</div><div></div><div>Ulisse era come ipnotizzato dalla modernità al suo meglio : lo stantuffìo ritmato dei telai e delle macchine del packaging erano un requiem immaginifico per quel piccolo mondo agreste che chiamava "casa". Mi guardò e disse : "Chabert, forse il tuo amico Giacomo non aveva tutti i torti a voler stare dietro la siepe".</div><div></div><div>Penelope, più che guardarci, ci squadrò. Altera, splendida, perfetta. Adorna di pepli e gioielli, forse solo un Fidia o un Canova potrebbero, per così dire, descriverla adeguatamente in una delle loro stupefacenti trasformazioni della pietra. Ma lo sguardo era vagamente schifato. Del resto, che potevano pretendere le pelli grezze e puzzolenti di animali sconosciuti indossate da Ulisse e dai suoi marinai, le barbe lunghe e non curate, le mani lacere di sartiame e salsedine, le carnagioni chiazzate dalle impronte dei mille soli di latitudini note solo alla nostra memoria. Giusto la mia uniforme napoleonica spuntò un'espressione di lucrosa curiosità, come vaga intuizione di un nuovo filone di prodotti. Ma fu solo un attimo. Lo sguardo tornò severo. Puntò dritto e feroce su Ulisse come la freccia di Paride contro Achille : "Ecco tornato l'astuto Ulisse... Avrai finito finalmente di bighellonare per i mari coi tuoi amici, mentre io mando avanti il regno. Sarà ora che ti trovi una occupazione produttiva, anzichè rischiare la pelle prima per quel cornuto impotente di Menelao e poi per la tua curiosità, per la voglia di sapere cosa c'è più in là. Un accidenti! Ecco cosa c'è. E torni sempre a mani vuote, mai qualcosa di utile, men che meno un pensierino per me, che mi faccio una testa così a mandare avanti casa, lavoro, sudditi, imposte, Giustizia, Difesa, Interni, Dogane e tutto il resto. Astuto sì, eccome! Lui in giro a divertirsi, io a casa a far la maglia... Ma stavolta non finisce così. Sono stufa di questo via vai senza programmazione, senza scadenze, senza un progetto, se non di vita, almeno di periodo... E poi, per Giove, torni sempre in condizioni pietose... Manco i Proci al sabato sera...". Emise una sorta di ringhio e ci fissò uno dopo l'altro dalla testa ai piedi, tamburellando nervosamente con la mano destra ed il piede sinistro in sincrono, seguendo il ritmo del rumore di sottofondo che proveniva dalle fabbriche. Con l'altra mano, intanto, torturava il cordone con cui impartiva gli ordini ai servi addetti a gestire la sala delle udienze, secondo un codice prestabilito tanto enigmatico e misterioso quanto secco e senza appello. Almeno così mi sembrò, in quel frangente.</div><div></div><div>Nessuno riuscì a dir nulla. E nulla vi era da dire. Si trattava solo di uno dei periodici incontri fra dei mondi destinati a soccombersi vicendevolmente di volta in volta. </div><div>Il manager dei trasporti ed il segretario generale, da dietro una colonna, con ampi gesti e leggeri colpi di una tosse falsa come i loro bilanci, richiamarono Penelope ai suoi doveri prefissati, la cui cadenza oraria e semioraria era stata stravolta dal ritorno di quella ciurmaglia, che avrebbe potuto più opportunamente presentarsi ad un orario più consono con reciproco vantaggio, essendo noto che nel tardo pomeriggio la regina, per così dire, allentava le redini. </div><div>Finita la disanima di quel branco di animali come certamente dovevamo apparire ai suoi occhi pittati, Penelope assentì leggermente col capo verso i due maneggioni e, con un gesto di stizza, ci indicò una porta laterale. A capo chino infilammo un corridoio che, a dispetto della sua ampiezza, ci parve un cunicolo verso il patibolo. Procedemmo fino ad un ampia sala aperta, il cui centro era una grande vasca d'acqua color turchese, tiepida e profumata di spezie, con un vago retrogusto di miele e vaniglia, secondo le spiegazioni di una sorta di sommelier delle acque termali, che ci guardava visibilmente preoccupato all'idea dell'imminente immersione di quei corpi rozzi e sudici nel suo delicato capolavoro liquido. </div><div></div><div>Ulisse, nudo, seduto sul bordo della vasca, leggermente incurvato, le braccia conserte, aveva lo sguardo fisso nel vuoto o, chissà, perso nel ricordo di uno degli orizzonti dei mesi precedenti, e sembrava cercare ancora, nel calmo e mellifluo vapore che ci andava avvolgendo, il sapore netto ed aspro del vento freddo che sferza e gonfia il mare appena prima della tempesta. La sua voce, così ferma in battaglia e sicura nella tempesta, ora si scioglieva in un gorgoglìo flebile, stentato, a metà fra un vagito infantile e il rantolo di un moribondo : "No, non c'è differenza fra me e quel tal Giacomo... Invero, per quelli come noi, l'errore assegnatoci dal Fato, cui non possiamo sfuggire, è tornare".</div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div><div></div>Colonnello Chaberthttp://www.blogger.com/profile/09282027911116975438noreply@blogger.com0