lunedì 6 luglio 2009

The coming insurrection




Non stupisce dunque che sorgano movimenti di pensiero che, stretti tra il
fallimento del sistema liberista sancito dalla crisi economica mondiale, il
rifiuto ideologico del liberalismo imperante nel prendersi carico del futuro, le
evidenze del degrado ambientale planetario, elaborino la ribellione violenta
come unico mezzo per sfuggire a questa morsa stritolante. Non vi è, infatti, un
modo "liberale" per sottrarvisi.



Cerchiamo però di non fare troppo casino, dato che ce ne è già tanto : primo, "liberismo" e "liberalismo" non sono sinonimi.
Secondo : il "liberismo" prevede che lo Stato si faccia carico di quegli aspetti dei quali i singoli non possono farsi carico.
Terzo, la "crisi" è un fatto naturale per qualsiasi sistema : piantiamola di sognare un sistema in equilibrio costante, il motore immobile di Aristotele non va da nessuna parte! La validità tra un sistema e un altro è data dal fatto di sopravvivere alle crisi.
Quarto : la "liberalità" del modo di risolvere la crisi attuale sta nel fatto di non precludersi nessun modo di risolverla : anzi, è, paradossalmente, da "liberisti selvaggi" il considerare tra le alternative possibili anche azioni in contrasto con la Dichiarazione Universale dei
Diritti dell'Uomo. E' esattamente come sostenere che in seguito al fallimento LehmanBrothers gli apparati pubblici non avrebbero dovuto fare nulla perchè il sistema avrebbe trovato un suo equilibrio (il che è verissimo, bastava assumersi la responsabilità politica e sociale del bagno di sangue).
Quinto : i limiti evidenziati da questa crisi appartengono, in ultima analisi, a due filoni culturali, per me molto evidenti, convergenti : materialismo dei singoli, inteso come ricerca estrema di una
gratificazione/benessere esclusivamente di tipo materiale, ed economicismo della politica, ovvero l'incapacità della Politica di proporre paradigmi esistenziali basati su valori non materiali. I politici si sono "arresi" e si sono fatti dettare l'agenda politica dall'Economia : l'abolizione delle regole sui derivati fatta da Clinton nel '96-'98, che è una delle origini "tecniche" di questa crisi, è un caso esemplare : un'abdicazione al "liberista" dovere di controllo in cambio, o in virtù, di quale risultato futuro, che non fosse il mero profitto?
Attenzione anche a farne una questione di confessione : la dottrina della predestinazione non giustifica il profitto per il profitto. Il Profitto/Successo è sempre funzionale a qualcosa di altro da sè, ha una sorta di "funzione sociale", diremmo oggi.

Quindi il problema non è se il "liberismo" sia giusto o sbagliato, ma se abbiamo gli strumenti culturali per usarlo al meglio.
In una nazione dominata dal paradigma fascio-corporativo pre-bellico e da quello catto-marxista post-bellico, in cui il soggetto politico unico e solo è il Partito/Chiesa (comunque esso sia composto o strutturato), ed in cui nessun limite di permanenza (al potere) viene indicato ai singoli, io dubito fortemente.

Non il cambiare un sistema la cui ampia flessibilità consente di trovare sintesi eccellenti tra valori ed interessi, ma consentire quella circolazione delle èlite (do you remember Pareto?) che fa sì che si apportino correzioni alle inevitabili distorsioni che sono il portato dell'essere umano (che non è un homo oeconomicus perfetto, e anche se lo fosse agirebbe sempre in deficit informativo), questo è il nostro collo di bottiglia secolare.

Quello che tu descrivi come "il rifiuto ideologico del liberalismo imperante nel prendersi carico del futuro, le evidenze del degrado ambientale planetario" altro non è invece che l'incapacità della èlite politica di recepire e correggere una distorsione industriale ed economica. La nuova linea green dell'amministrazione Obama va in quella direzione, se sia sufficente è oggetto di dibattito, non di rivoluzione. Oggetto di rivoluzione è risolvere la questione (a torto o a ragione). Invece per
poterla porre si presuppone sempre un certo tasso di "liberalità" del sistema. Ma in questo senso era "liberale" tanto Augusto quanto Lorenzo il Magnifico, Pietro il Grande quanto Cavour.
Il "liberismo" invece non solo prevede che la si ponga, ma che si stabilisca se, quanto e come : investa tutti o alcuni, sia un onere da dividere tra collettività e singoli, abbia priorità rispetto allle altre istanze. C'è da fare una Rivoluzione contro un siffatto sistema? La vera Rivoluzione, nel
XXI° secolo, non è porre un'agenda, ma pretendere che il sistemi funzioni.

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